Continua a sognare, ragazzo: il calcio è ancora tuo
- Luca Brizi

- 11 nov
- Tempo di lettura: 3 min
di Luca — architetto, romanista e sognatore di palloni

C’è un momento, nella vita di ogni bambino che ama il calcio, in cui tutto comincia: una palla che rimbalza contro un muro, un campo improvvisato tra i palazzi, una maglia troppo grande con un numero dietro che diventa simbolo di appartenenza. Per me, tutto iniziò così. Una maglia giallorossa non originale, il numero 5 di Falcão, e un muro che diventava lo stadio Olimpico. Ogni passaggio, ogni tiro, ogni respinta era una partita intera, giocata solo con la fantasia.
La Magica e la magia del sogno
Crescere a Roma significa respirare calcio. Non solo guardarlo o giocarlo: viverlo. La Roma non è una squadra come le altre, e chi non la ama forse non può capirlo fino in fondo. Essere romanisti è una fede senza garanzie, una promessa che si rinnova ogni volta che il cuore batte al ritmo dei cori della Curva Sud. È resistere anche quando la vittoria sembra lontana, è sentirsi parte di qualcosa di più grande di sé stessi.
Da ragazzo mi chiamavano il difensore di ferro. Lottavo su ogni pallone, non lasciavo passare nessuno. Ma dentro avevo anche il sogno dell’attaccante, la voglia di segnare, di fare la differenza. Ricordo ancora quella partita d’allenamento, quando segnai undici gol. Forse fu un momento di grazia, o forse solo il destino che mi mostrava quanto può brillare, anche solo per un attimo, il talento di chi ci crede davvero. Il giorno dopo, chiamato a fare il salto di categoria, arrivò una storta alla caviglia. E con quella, una lezione: la vita non va sempre come pensiamo, ma ciò che ci forma resta per sempre.
Il gioco che non finisce mai
Oggi, per motivi di salute, non riesco a ricordare tutti i nomi dei campioni di ieri e di oggi. Ma nel cuore restano le immagini vive: Pelé, Maradona, Zico, Boniek, Falcão, Nela, Cerezo, Gullit, Van Basten, Baresi, Bergomi, Totti, Zoff... nomi che sono poesia per chi ama davvero questo gioco. E poi, i campi polverosi, i pomeriggi infiniti d’estate, la sensazione di essere libero mentre rincorri un sogno rotondo.
Il calcio non abbandona chi lo ha amato davvero: cambia forma, diventa ricordo, diventa racconto, diventa emozione condivisa.
A voi, ragazzi di oggi
A voi che sognate di diventare calciatori, che giocate nei campetti di periferia o nei tornei della scuola, voglio dire una cosa: non smettete mai di credere. Il talento è importante, ma più ancora lo è il cuore. È la passione che vi farà alzare dopo una sconfitta, è la voglia di migliorare che vi farà tornare in campo ogni giorno.
Ci saranno allenatori che vi capiranno e altri che vi lasceranno in panchina. Ci saranno giorni di gloria e giorni di pioggia. Ma se nel vostro cuore continuerete a inseguire quel sogno, il calcio sarà sempre con voi. Perché chi gioca con amore, anche solo per un pomeriggio, entra a far parte di qualcosa di eterno.
Il calcio come architettura dell’anima
Da architetto, ho imparato che ogni costruzione nasce da un sogno, da una visione che diventa realtà attraverso fatica, precisione e passione. Il calcio è la stessa cosa: è un progetto dell’anima, un’architettura di emozioni, disegnata con la mente e costruita col cuore.
E allora, ragazzi, continuate a sognare, a correre, a creare la vostra forma di bellezza. Perché ogni partita, anche la più semplice, è un’opera d’arte in miniatura, un modo per dire: “Io ci sono, io credo, io amo questo gioco.”
In fondo al campo, resta la fede
Forse questa è la vera fede romanista: non quella che si misura con le vittorie, ma quella che vive di sentimento, appartenenza, memoria. È saper dire “Forza Roma” anche quando si perde, perché il cuore non cambia colore. È saper credere nei sogni anche quando sembrano lontani, perché il sogno stesso è ciò che ci tiene vivi.
🎵 Ascolta una canzone ispirazionale
Clicca qui per ascoltare “La leva calcistica della classe '68” di Francesco De Gregori, un brano che parla di sogni, coraggio e calcio:
Con affetto,Luca




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